Cerca nel blog

martedì 12 febbraio 2013

Piccola introduzione alla saga del "Trono di Spade"


Avevo deciso di mettere questa introduzione prima della recensione del terzo libro "A Storm of Swords" per spiegare in cosa consiste la saga, ma visto che è venuta un po' lunghetta pubblicherò introduzione e recensione in due post separati.


Povero Ned!, Game of Thrones, Il Trono di Spade
Dura la vita su quel trono!


A Song of Ice and Fire ("Il Trono di Spade in italiano") è una saga fantasy composta attualmente da cinque libri, A Game of Thrones, A Clash of Kings, A Storm of Swords, A Feast for Crows e A Dance with Dragons, che si dovrebbe concludere con altri due libri ancora in fase di realizzazione.  La saga ha conosciuto un successo planetario, ai livelli del caposcuola Il Signore degli Anelli, grazie alla fedele e ottimamente prodotta serie TV in onda negli USA sul canale HBO (quello dei Soprano, Six Feet Under e Boardwalk Empire, per intenderci), mentre da noi la trasmette Sky. Tuttavia, il primo libro della serie risale addirittura al 1996.

La saga quindi si è conquistata nel tempo uno zoccolo duro di appassionati fino a sfociare nel mercato generalista. Ma mentre i fan aumentavano, le uscite dei nuovi volumi andavano lentamente diradandosi: A Dance of Dragons è uscito nel 2011 a ben 6 anni di distanza da A Feast for Crows. Segno che l'autore sente la pressione degli appassionati ma nello stesso tempo vuole lavorare (si spera) con cura sulla stesura dei romanzi successivi. La vicenda narrata sta inoltre assumendo proporzioni piuttosto gargantuesche, che richiedono maggior cura nella pianificazione e nel controllare che non ci siano incoerenze nella trama.

George Martin, A Song of Ice and Fire, Il trono di Spade
Muovitiiiiiiiii!


I libri sono ambientati principalmente nel continente di Westeros, separato dal continente di Essos da uno stretto mare. All'interno del continente abbiamo tutti i tipi di clima e di terra possibili: dalle lande ghiacciate oltre la Barriera (un immensa muraglia di ghiaccio costruita per tenere lontane le popolazioni barbare dell'estremo Nord), alle terre solcate da numerosi rivoli, fiumi e laghi di Delta delle Acque, alle paludi del Collo, una stretta lingua di terra che funge da confine tra il Nord e il Sud del continente, alle montagne ricche d'oro intorno a Castel Granito, le brulle Isole Ferrose, le lussureggianti foreste intorno ad approdo del Re, fino ai deserti e al clima tropicale della penisola di Dorne.
Westeros, Essos, A song of Ice and Fire, Game of Thrones, Trono di Spade
La vagamente albionica Westeros (a sinistra) e Essos (destra), che ricorda molto da vicino la Terra di Mezzo Tolkeniana

Tutte queste terre sono in mano ad un unico Re, che domina sui Sette Regni. Il fatto che i Regni siano Sette implica infatti che un tempo non era così: Westeros un tempo era divisa in sette diversi Regni, in mano ad altrettanti Casati (da Nord a Sud gli Stark, i Greyjoy, gli Arryn, i Tully, i Lannister, i Baratheon e i Martell) che nel tempo sono stati assoggettati da un unica casata, i Targaryen, il cui possesso dei draghi aveva costituito un vantaggio strategico non indifferente.

All'inizio del primo romanzo della saga però, i Sette Regni sono in mano ad un nuovo Re, Robert della Dinastia Baratheon, che un decennio prima era riuscito in una rivolta a usurpare il trono dei Targaryen (i cui membri superstiti sono scappati in esilio a Essos). Ma come spesso succede nei cambi di dinastia, l'instabilità politica è alle porte e sul Regno incombe un'antica minaccia...

Prima ho scritto che A Song of Ice and Fire è una saga Fantasy e detto così uno si potrebbe aspettare orde di orchi, magie a profusione, elfi e nani, spade incantate e draghi sputafuoco. Bè...non è proprio così. Sì, nel mondo di Westeros ci sono i draghi, ma al tempo del primo romanzo sono ormai considerati estinti. Non sembrano esserci altre civiltà oltre a quella umana e la magia sembra essere cosa piuttosto rara. Se non fosse per certi piccoli aspetti, A Song of Ice and Fire potrebbe benissimo essere la storia di un mondo immaginario di tipo medioevale.  

Il sistema feudale che vige nel mondo di Westeros è descritto nei minimi dettagli araldici: oltre alle sette Casate principali ci sono decine e decine di case minori, ognuna con il proprio stemma, la propria storia e le proprie peculiarità. Nulla è lasciato al caso e tutto (ma proprio tutto), perfino le decisioni che un signore feudale deve prendere ogni giorno vengono descritte in maniera dettagliata e sono organiche allo sviluppo della trama, che quindi fa leva in misura maggiore sugli intrighi politici che sull'azione vera e propria.

Non si può certo dire che Martin si sia trattenuto dal costruire un mondo che brilla di luce propria, con la propria storia, la propria mitologia, tradizioni e religioni. Certo, i Sette Regni di Westeros strizzano l'occhio ai Regni Medioevali europei, mentre le popolazioni di Essos ricordano molto da vicino la Civiltà Araba e quelle esotiche del Vicino e Lontano Oriente, ma il risultato finale è comunque un mondo credibile e memorabile.

I romanzi vengono narrati seguendo il punto di vista di diversi personaggi, e questa tecnica permette da un lato di vedere la storia da diverse angolazioni, anche in contrasto tra loro (in questo modo non si ha una percezione ben definita di chi si può considerare "buono" e chi "cattivo), dall'altro, se certe vicende coinvolgono personaggi non seguiti dal narratore, queste vengono riportate in maniera indiretta. Molte battaglie ad esempio non vengono nemmeno descritte, ma ci viene narrato dei suoi esiti così come li vengono a sapere chi non ha partecipato. Grazie a questo stratagemma è possibile mantenere alta la tensione ed è una ventata di aria fresca rispetto ai romanzi fantasy costuiti da una successione interminabile di battaglie e scene di raccordo.

Inoltre, contrariamente ai dettami del genere, ma anche della narrativa tout cour, in A song of Ice and Fire nessuno è al sicuro, nemmeno i protagonisti, che possono letteralmente morire da un momento all'altro, compresi quelli seguiti dal punto di vista del narratore. Siete avvertiti!

Ho letto i primi tre romanzi della saga sul mio fido Kindle, in lingua originale. Ho deciso di leggerli in inglese per vari motivi: un po' per sfida personale, volevo vedere se ero in affrontare un tomo di mille pagine in inglese e in ciò il dizionario integrato del dispositivo Amazon non poteva che venirmi in soccorso e un po' perchè sono rimasto sconcertato dalla politica di Mondadori (l'editore italiano della saga).

Mondadori ha deciso di dividere i vari volumi della saga in diversi sottovolumi di circa 300 pagine: il primo e il secondo sono stati divisi in due, il terzo, il quarto e il quinto in tre ciascuno. Naturalmente però il prezzo dei volumi italiani corrispondeva grosso modo al prezzo di un volume (quello intero) in edizione paperback inglese! Insomma, per leggere in italiano la saga dovevo spendere grosso modo il triplo. Questa abitudine degli editori italiani, usata chissà perchè soprattutto con la fantascienza (sto dicendo a te Rizzoli!) e il fantasy è particolarmente fastidiosa e dimostra una mancanza di rispetto nei confronti del lettore.

Inoltre l'edizione Mondadori è veramente tradotta in maniera superficiale (da Alan D. Altieri, che è perfino un autore di romanzi a sua volta!): vi basti sapere che fin dal prologo ci sono errori inspiegabili, come cavalieri che vanno a nord-est invece che a nord-ovest e occhi rossi come il sangue quando in originale erano semplicemente rossi!

Siccome un minimo di inglese lo conosco, ho deciso di leggere l'opera in originale. E non mi sono pentito della mia scelta: l'inglese usato da Martin è un po' arcaico ma molto scorrevole, e una volta imparati termini tipici medioevali la lettura procede spedita. Il mio consiglio, se volete iniziare a leggere la saga, è di fare uno sforzo e di leggere direttamente in inglese, con buona pace del colosso di Segrate.

lunedì 4 febbraio 2013

Ore Giapponesi

  • Titolo: Ore Giapponesi
  • Autore: Fosco Maraini
  • Casa Editrice: Corbaccio
  • Pagine: 524
  • Letto su: Cartaceo














Uno sente alle Invasioni Barbariche il racconto dell'esperienza giapponese di Fosco Maraini fatto dalla figlia Dacia e pensa che Fosco Maraini in Giappone ci tornerebbe solo armato di Kalashnikov e Napalm; e invece Fosco Maraini in Giappone ci è tornato nel 1952 e il resoconto (anche fotografico) di quel viaggio costituisce Ore Giapponesi.

Maraini viveva in Giappone, per la precisione a Kyoto, dove insegnava italiano, quando i giapponesi attaccarono Pearl Harbor nel 1941. Ed era sempre lì l'8 settembre 1943, quando l'Italia si ritirò dall'Asse. In seguito all'armistizio Fosco e la sua famiglia (moglie e due figlie, Dacia e Yuki) furono imrpigionati in un campo dalla polizia giapponese insieme ad altri prigionieri politici italiani, dove soffrirono fame e umiliazioni, raccontate con dovizia di particolari in uno degli ultimi capitoli del libro; scelta che si rivela estremamente saggia, in modo che il resoconto di Maraini del Giappone non possa venire offuscato da pregiudizi relativi alla lettura della cronaca di prigionia.

Fosco Maraini, ore giapponesi, Ainu
Fosco Maraini
Nel resto del corposo libro Maraini ci regala un affresco piuttosto completo del Giappone. C'è davvero di tutto: dalla storia millenaria (comprese le origini mitologiche), alla letteratura (su tutti il Genji Monogatari), la figura dell'Imperatore, la religione (un eterogeneo connubio tra Buddismo e quella strana religione pseudopagana che va sotto il nome di Shintoismo), il cibo, l'architettura (compreso uno studio comparato sulla struttura della pagoda nell'area asiatica), il rapporto dei giapponesi con la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale e la bomba atomica, lo stato della società e delle città nel Dopoguerra. Non lesina di parlare di argomenti piuttosto scomodi, come il problema degli "intoccabili" nella società giapponese e la crescente passione per i giapponesi per il Pachinko, che Maraini aborrisce totalmente

Negli anni '50 il Giappone somiglia molto all'Italia nello stesso periodo: due nazioni uscite sconfitte dalla guerra ma in grande fermento, in cui si intuisce l'inizio del boom economico che porterà entrambi i Paesi ad essere tra i più industrializzati al mondo. In questa edizione inoltre Maraini ha aggiunto alla fine di ogni capitolo delle note in cui sottolinea le differenze tra il Giappone degli anni '50 e quello degli anni '80, ormai grande potenza mondiale, ma prima dell'esplosione della "grande bolla" degli anni '90 che ha portato il Giappone in una situazione di stallo che perdura ancora oggi, con la montante concorrenza della Cina a livello politico ed economico.

In tutto il libro si intuisce l'intenso amore che Maraini prova nei confronti del Giappone e la sua solida preparazione a livello antropologico (Maraini era uno dei più grandi esperti al mondo del popolo Ainu che abita l'isola più settentrionale del Giappone, l'Hokkaido), con uno stile sorprendentemente fresco e chiaro. Ogni tanto si abbandona a qualche lirismo di troppo (ma autori della stessa generazione sono molto peggio da questo punto di vista) ma nel complesso il libro è invecchiato molto bene e risulta godevolissimo ancora oggi.

Leggendo Ore Giapponesi ci si chiede come sia possibile che permangano ancora tanti stereotipi nell'immaginario comune sulla terra del Sol Levante, quando Maraini già nel 1952 ci forniva in un unico libro un mirabile compendio del Giappone, senza far leva sull'esotismo o utilizzando i filtri della Cultura occidentale per descrivere un'altra cultura, completamente diversa e particolarmente complessa e difficile da penetrare e per questo, almeno per me, affascinante.

Quattro stelle su cinque, lo consiglio a tutti, sia a chi è a digiuno di cultura nipponica, sia a chi ne è appassionato e vuole andare più in là del Giappone descritto nei manga o negli anime.

mercoledì 23 gennaio 2013

Retrospettiva sul 2012

Con colpevolissimo ritardo ritorno ad aggiornare il blog con un post fuori tempo massimo, ovvero il classico resoconto dell'anno appena passato per quanto riguarda le mie letture.

Dal punto di vista librario, per me il 2012 è stato un anno molto prolifico: dati di Goodreads alla mano, nel 2012 ho letto 62 libri, escludendo le serie a fumetti. Un bell'aumento rispetto alle 38 del 2011

Merito dell'aumento, oltre alla necessità di stare dietro ai numerosi libri acquistati, (sono un acquirente di libri compulsivo) è sicuramente del kindle regalatomi a Natale 2011, su cui ho letto circa la metà dei libri del 2012.

Personalmente non ho vissuto il passaggio all'ebook in maniera traumatica: degli schermi e-ink mi sono innamorato fin dal 2009, quando ho visto per la prima volta un kindle sulla metropolitana di Boston, e l'acquisto del primo lettore con schermo e-ink nel 2011 non ha che confermato il mio istinto iniziale: per me leggere un libro cartaceo o un ebook è indifferente. Certo, per alcuni versi l'esperienza di lettura ha delle piccole variazioni: se con l'ebook non posso sfogliare avanti e indietro nel testo con agilità (ma se l'ebook è formattato bene, soprattutto per quanto riguarda le note, la navigazione non è così scomoda), con il cartaceo non posso portarmi in vacanza decine di libri e permettermi di scegliere a posteriori cosa leggere. Inoltre l'ebook, essendo un oggetto intangibile, non mi guarda con fare severo sulle più che stipate librerie di casa. In futuro sicuramente leggerò sia su carta che su kindle, ma il vantaggio sarà sempre di più a favore di quest'ultimo, per motivi di spazio.

Il più grande merito del Kindle è a mio parere la presenza dei dizionari integrati, che mi ha permesso di fare agevolmente il salto verso la lettura in lingua originale. Nel 2012 ho letto 3 libri in lingua inglese sul kindle, tutti piuttosto corposi: Terra, di cui ho parlato nell'ultimo post e i primi due libri della saga "A Song of Ice and Fire" (meglio conosciuta come Game of Thrones). Nello stesso anno ho anche letto un libro cartaceo in originale (un saggio sulla storia del rugby) e la differenza è stata notevole: sul cartaceo non potevo ogni volta fermarmi per andarmi a cercare sul dizionario e questo andava a discapito nella comprensione. Sul kindle invece il processo è indolore e non rompe troppo il fluire della lettura, anche nel caso di libri come la saga di Game of Thrones che è scritta con termini inglesi abbastanza vetusti (sapevate che in inglese esistono almeno tre o quattro termini diversi per indicare i cervi di diversa età e sesso? grazie al kindle io l'ho scoperto!). Nel 2013 quindi, la fetta di libri in lingua originale è destinata ad aumentare grazie al gioiellino di casa Amazon, soprattutto per quei generi come la fantascienza i cui autori più moderni sono abbastanza snobbati dagli editori italiani che preferiscono andare sul sicuro con i classici.

letture 2012, statistiche goodreads
Un anno di letture

La "curva" dei giudizi dei libri letti quest'anno è leggermente spostata verso l'alto, segno che mediamente nel 2012 ho letto libri che mi sono piaciuti. Per quanto riguarda la tipologia, la torta delle tag mostra come ho letto soprattutto narrativa che saggistica (in rapporto 1:2), mentre con soddisfazione noto che i libri italiani sono quasi alla pari con la produzione anglosassone. Per quanto riguarda i generi invece la fanno da padrone fantasy e fantascienza per la narrativa e la scienza per la saggistica, ma la grossa fetta di "other" mostra che in realtà nell'anno passato ho spaziato tra i vari generi.

Tra i TOP 3 dei libri letti quest'anno:

Terra (Earth), di David Brin

La dimostrazione che la Fantascienza è viva e vegeta, anche se la fame di futuro sembra essersi esaurita., e che se non si legge in originale si rischia di perdere tanti romanzi meritevoli.

Il Tempo è un bastardo (A visit from the goon squad) Jennifer Egan

A mio modestissimo parere la narrativa del futuro passa per le raccolte di racconti interconnesse fra loro. Se poi il tutto è condito con un po' di stilemi postmoderni, non posso che esserne felice.

Almost Blue, Carlo Lucarelli


Una sorpresa: conosceva già il talento di narratore di Lucarelli dalle sue trasmissioni televisive, ma questo è il suo primo romanzo che leggo. In poco più di 100 pagine che si leggono riesce a condensare un ottimo thriller/giallo con serial killer. Consigliatissimo.

Tra i Bottom 3 del 2012:

Comma 22 (Catch 22), Joseph Heller


Delusione massima: Comma 22 è uno dei caposaldi del postmoderno (per i quali vale la premessa/pregiudizio che ho fatto recensendo Running Dog).

Lento, ripetitivo (anche se sono conscio del fatto che la ripetitività è voluta, per sottolineare l'assurdità della vita militare), dove dovrebbe far ridere mi ha lasciato indifferente, e l'idea del Comma 22 (Chiunque è pazzo può andare in congedo, ma chiunque chieda il congedo non è pazzo) è azzeccata ma viene sempre declinata allo stesso modo in contesti diversi, senza variazioni nel modo e sempre con lo stesso ritmo pacato e lezioso. Per me bocciato.

Dove stiamo volando, Vittorio Curtoni

Di "Dove stiamo volando" ne ho già parlato nel secondo post del blog. Io di Fantascienza italiana sono piuttosto ignorante, ma se sono tutti come questo allora non voglio toccarla neanche da lontano con un bastone. Troppo pretenzioso e con quella fastidiosa tentazione di voler a tutti i costi smarcarsi dalla definizione di fantascienza. Delusione amara, per di più sapendo la grande passione dell'autore per il genere.

1Q84 Libro tre, Murakami Haruki

Anche di questo ne ho parlato sul blog. Se il primo volume poteva tranquillamente nella top 3, questo secondo e ultimo volume dell'ultima fatica letteraria di Murakami si smarca drasticamente nell'atmosfera e nel ritmo rispetto al primo tomo: se prima avevamo un crescendo di tensione e situazioni oniriche dal gusto Lynchiano, qui abbiamo un devastante (per i miei gusti) controclimax, dove l'azione è stagnante, di attesa e si dà spazio all'introspezione spicciola.

Per questo 2013 cercherò di essere più regolare con l'aggiornamento del blog: attualmente ho almeno cinque libri letti di cui non ho fatto la recensione e altri in corso di lettura. Per non dimenticare i fumetti e magari qualche recensione cinematografica. Dovrei quindi essere in grado di programmare meglio i nuovi post.

A risentirci!



lunedì 3 dicembre 2012

Terra, di David Brin

  • Titolo: Terra 
  • Autore: David Brin
  • Traduttore: Mauro Gaffo
  • Casa Editrice: Interno Giallo
  • Pagine: 636
  • Letto su: Kindle





Oggi vi parlo di un libro che purtroppo è fuori catalogo. Purtroppo perchè è un libro dannatamente bello, pubblicato in Italia a poca distanza dall'uscita dell'edizione in lingua originale (1991 contro 1990) ma mai più ristampato. Un libro che non avevo mai sentito prima dei consigli sempre preziosi di Davide Mana (ne aveva parlato sulla fanzine de Il futuro è tornato in occasione dell'uscita del nuovo libro di David Brin, Existence).

Copertina di Terra, di David Brin
La più pertinente copertina americana


Vi capita mai leggere o sentire qualcuno sostenere che dall'inizio degli anni '80 (più o meno dalla morte di Dick) la Fantascienza non riesca a produrre niente di nuovo? Bene, se conoscete persone che la pensano così andate a cercare sulle bancarelle questo libro e poi sbatteteglielo in faccia. (meglio se sono editori a livello nazionale)

Ma prima leggetelo.

Terra non è invecchiato di un giorno; e per un romanzo di fantascienza di tipo "speculativo" è un complimento non da poco. Il romanzo è ambientato a metà del 21° secolo: l'affresco globale che Brin traccia delle condizioni del nostro pianeta è spaventosamente verosimile (molte delle previsioni del romanzo si sono già tramutate in realtà), ma anche spaventoso e basta: l'umanità non se la passa molto bene tra innalzamento delle acque, perdita della biodiversità, instabilità politica e incremento demografico che rischia di oltrepassare il limite sostenibile dal pianeta. Brin capisce già nel 1990 che Internet è destinato a cambiare tutto, e infatti nel mondo delineato nel romanzo la Rete globale è importantissima e necessaria, ed è destinata a cambiare la natura stessa dell'uomo.

Il pianeta Terra è uno dei tanti protagonisti di un romanzo corale in cui all'inizio è un po' difficile trovare il bandolo della matassa: come spesso succede in questo tipo di romanzo, soprattutto se il ritmo di lettura non è troppo elevato, sembra di essere di fronte ad una raccolta di racconti ambientati nello stesso mondo. Per di più la fantascienza di Brin fa parte della cosiddetta "hard SF": fantascienza cioè in cui (quasi) tutti i fenomeni che avvengono hanno solide basi scientifiche. Per di più in un romanzo ambientato nel prossimo futuro, dove la cesura tecnologica con il mondo attuale non può essere presente più di tanto. Ma dando fiducia al romanzo le vicende dei vari personaggi, dapprima quasi personali, iniziano a convergere fino a coinvolgere l'intero pianeta.

Terra è un romanzo intriso di scienza: le descrizioni del pianeta, dei cambiamenti geografici, la teoria di Gaia diventata movimento religioso, tutto è spiegato in maniera solida e dettagliata. Molti dei personaggi sono scienziati e chi non lo è di professione fa largo uso della tecnologia. Ma qui non è come in molti romanzi in cui lo scienziato lavora in maniera misteriosa e "segreta" (e da questo punto di vista è indistinguibile da un mago): in Terra gli scienziati applicano il metodo scientifico, fanno errori, rivedono le proprie teorie per formularne di nuove.

Anche se in alcuni punti Terra rischia di diventare uno pseudo-saggio, in cui Brin si esercita a immaginare come sarà l'immediato futuro, la trama portante non è banale: non voglio anticipare nulla, ma il pianeta si ritrova a fronteggiare una minaccia potenzialmente mortale, passando per la geologia del pianeta, fisica avanzata, biologia, politica internazionale, cyberspazio fondali oceanici, dighe, caverne, riflessione sulla natura umana, viaggi spaziali e pure una minaccia aliena. Ma come succede sempre a una grande minaccia si accompagneranno anche grandi opportunità, grazie alla capacità di adattamento dell'uomo.

Il centro della Terra, David Brin
In Terra l'azione si svolge su tutti i livelli. Ma proprio tutti!


Uno dei grandi pregi di Brin, da bravo scienziato, è di sospendere ogni giudizio sui cambiamenti immaginati: perfino il riscaldamento globale, la perdita di biodiversità, non sono visti da Brin come qualcosa di intrinsecamente negativo: sono semplicemente cambiamenti, momenti passeggeri. E' facile vederla in questo modo adottando il punto di vista del pianeta, con le sue innumerevoli ere glaciali, disastri naturali e estinzioni di massa! Inoltre Brin abbandona qualsiasi principio antropico: l'uomo potrebbe estinguersi domani e la Terra andrebbe avanti comunque, la vita continuerebbe, solo in maniera diversa da come siamo abituati. Un atteggiamento del genere permette quindi di descrivere un mondo sull'orlo della catastrofe, un'umanità in procinto di cadere nell'oblio, ma nello stesso tempo di mostrare un'intrinseca fiducia nella capacità umana, la speranza che in un modo o nell'altro, non come individui, ma a livello di specie, riusciremo a sopravvivere.

Un ottimismo di fondo insomma che è l'opposto del pessimismo che avevo tracciato nella recensione di I Senza-Tempo a proposito degli autori di fantascienza italiana. E' questo che vorrei leggere nella nostra letteratura del fantastico! Non abbandonate la speranza!

Terra è un romanzo olistico e massimalista: un magnum opus che cerca di coprire più tematiche della fantascienza in un colpo solo (strizzando anche un po' l'occhio al cyberspazio, non dimentichiamoci che è stato pubblicato nel periodo d'oro del Cyberpunk), e ci riesce benissimo. Come nei migliori romanzi fantastici azione, speculazione sul futuro e riflessione sulla condizione umana si amalgamano in un'opera dove la somma delle parti è qualcosa di più delle stesse prese singolarmente.

Cinque stelle su cinque, fatevi un favore e cercatelo, sulle bancarelle, sulla Rete, e se siete un editore che per caso passate di qui prendete seriamente in considerazione l'idea di acquisire i diritti e ristamparlo!




martedì 27 novembre 2012

I senza-tempo

  • Titolo: I senza-tempo
  • Autore: Alessandro Forlani
  • Editore: Mondadori (Urania 1588)
  • Pagine: 216
  • Letto su: cartaceo 
  • Note: nel volume sono presenti anche due racconti, uno di Marco Migliori e l'altro di Dario Tonani









Il romanzo di Alessandro Forlani, uscito a Novembre 2012 nella collana Urania classica (per chi di voi fosse vissuto fino ad adesso su Marte, Urania è una collana mensile di fantascienza da edicola che esce, nel bene e nel male, ininterrottamente dal 1952) è riuscito nel non facile intento di far parlare di sè in lungo e in largo per la Blogosfera. Ne hanno parlato meglio di quanto potrò fare io Davide Mana su Strategie Evolutive e Argonauta Xeno sull'omonimo blog .

E' importante che il romanzo ottenga recensioni e discussione all'interno del fandom, perchè I senza-tempo è anche vincitore del Premio Urania, il più importante riconoscimento per la narrativa fantascientifica italiana, e del premio Kipple . Discutere di questo romanzo in un certo senso è quindi tastare il polso del livello della fantascienza in Italia.

Siamo di fronte a quello che gli inglesi chiamerebbero "novelette": il romanzo è infatti molto breve, 105 pagine. La brevità però non impedisce a Forlani di raccontare una trama compiuta, dove non manca una buona dose di azione e adrenalina e di tratteggiare in pochi ma efficaci passaggi il mondo in cui si svolge la vicenda. I senza-tempo si svolge in Italia (con buona pace di Fruttero & Lucentini, che sostenevano che non era possibile ambientare un romanzo di fantascienza nel Bel Paese), fotografata in tre scansioni temporali: nel 2012, 2024, 2036. Quello che salta subito all'occhio è che nell'Italia del 2024 e del 2036 quasi nulla è cambiato rispetto a 12 e 24 anni prima: niente mirabolanti innovazioni tecnologiche, niente cambiamenti sociali, l'Italia del futuro prossimo sembra calata in una bruma che mantiente tutto in stasi (il tema del tempo come avrete intuito è cardine dell'intera vicenda). Anzi, invece del progresso che di solito si associa al futuro, per Forlani ciò che attende l'Italia è un lungo e malinconico viale del tramonto: nessuna prospettiva per i giovani, malfunzionamento delle reti elettriche soprattutto in provincia e di Internet in tutto il paese, che diventa un medium in secondo piano rispetto all'onnipresente televisione.

L'Italia dei senza-tempo è un posto che prima di tutto ha perso la speranza, in cui intere generazioni si sono arrese (penso al personaggio di Stefano). E' un posto in cui i Senza-tempo, perversi negromanti che vivono in mezzo a noi, manovrano dietro le quinte e sono in grado più facilmente di altre epoche di mantenere lo status quo, di stringere le proprie grinfie sulla realtà. Ma il potere di stasi italiano è così forte che persino i Senza-tempo si sono arresi a vivacchiare in un'esistenza borghese, che viene minacciata dal risveglio di Monostatos, un Senza-tempo di altri tempi e altro linguaggio (per la precisione del Seicento), il cui unico scopo è l'assoggettamento di tutto sotto la propria volontà insaziabile.

Ad opporsi a lui tre giovani che già avevano incontrato Monostatos durante l'infanzia (una reminiscenza dell'It kinghiano) e una fotoreporter all'apice della sua carriera, per la quale deve ringraziare proprio il neo-risvegliato Senza Tempo.

La narrazione di Forlani è un po' schizofrenica: salta freneticamente nello spazio e nel tempo, anticipando o ritardando gli eventi. Nelle intenzioni dell'autore questo stile dovrebbe imitare il montaggio serrato che si ha nel cinema. Sicuramente il ritmo ne giova, ma ho trovato che il romanzo ne esca un po' sballato: la costruzione della tensione e della suspence è imperfetta, abbondano gli anti-climax. Forse è un effetto voluto ma potrebbe anche indicare qualche lacuna nel controllo della narrazione.

Forlani fa abbondante uso di immagini horror, quasi splatter: ma le descrizioni sono asciutte e soprattutto sono improvvise, nette, come la lama di un rasoio. Non indugia mai su qualche particolare sgradevole, non si abbandona mai all'autocompiacimento.

Forlani, come altri autori di fantascienza italiana, adotta un punto di vista essenzialmente pessimistico. Questo atteggiamento l'ho già riscontrato in Vittorio Catani e Vittorio Curtoni (qui la recensione di Dove stiamo volando), due pesi massimi della fantascienza italica e anche Valerio Evangelisti ci prospetta un futuro difficile: sembra che per la fantascienza nostrana la speranza in un futuro migliore sia praticamente nulla. E' probabile che, vista la situazione attuale, abbiano ragione loro, ma mi piacerebbe vedere nei nostri autori un atteggiamento più ottimista, più speranzoso. I momenti di crisi infatti spesso sono anche momenti di opportunità, ed è anche compito della narrativa dell'immaginario quale è la fantascienza tratteggiare futuri possibili dove non tutto va per il verso sbagliato.

Accompagnano il romanzo cinque racconti legati tra loro dalla presenza dei senza-tempo. Anche questi sono racconti cupi, in cui l'Italia è spacciata. Addirittura nell'ultimo racconto, All'inferno Savoia!, si evince come il destino dell'Italia fosse segnato fin dall' inizio.

Sarà l'influenza de "Il tempo è un bastardo" (uno dei migliori romanzi del 2012 sin qui), ma trovo che sarebbe molto interessante leggere una raccolta di racconti interconnessi tra di loro a tema Senza-Tempo. Trovo che il romanzo a mosaico sia un tipo di narrazione particolarmente adatto al tema del tempo.

Accompagnano il romanzo e i racconti di Forlani due ulteriori racconti, "Lo scambiatore" di Marco Migliori, vincitore del Premio Stella Doppia e "Suburbi@ Drive" di Dario Tonani. Il primo è un racconto di stampo classico con qualche influenza Dickiana, bello, il secondo ambientato sulla strada e dal retrogusto punkeggiante, che mi ha lasciato un po' freddino.

In conclusione, nel complesso dò al volume tre stelle su cinque, in attesa di leggere altro di Forlani.

martedì 20 novembre 2012

A call for help

Amici, quattro gatti che seguite questo blog. Qualcuno di voi sa dirmi come mai in praticamente tutti i post la formattazione dei paragrafi è sballata?

Non riesco a capire come mai (guardate ad esempio la recensione di Orange Road) l'interlinea cambia da un paragrafo all'altro. Suppongo sia un problema dell'editor di Blogger, che è lo strumento che uso per scrivere i post, anche se nella visualizzazione dell'editor questo problema non è presente. Devo rassegnarmi a spulciare il codice HTML? Consigli? Tool alternativi per scrivere il post? (non vale dire "passa a Wordpress" :) )

Qualcuno mi aiuti! :)

Edit: Dovrei aver risolto! La colpa è tutta di questa linea di codice qui <span style="font-size: small;"> che per motivi oscuri si intercala a palate nei paragrafi (probabilmente a causa del fatto che l'editor mal gestisce i cambi di dimensione dei font). Ringrazio @lavitabeffa per il link e per la pronta risposta su Twitter!

mercoledì 14 novembre 2012

Orange Road

  • Titolo: Orange Road
  • Autore: Matsumoto Izumi
  • Traduttore: Cristian Giorgi
  • Casa Editrice: J-Pop
  • Volume: 1 (di 10)
  • Stato: Concluso 








Premessa metodologica: con questo post inauguro le recensioni dei fumetti seriali. Per ogni serie nella recensione del primo numero farò una presentazione del fumetto, per poi seguire una struttura fissa che ripeterò nelle recensioni ai numeri successivi. Tutte le recensioni della stesse serie saranno collegate via tag.

Orange Road, eccheè? Una marca di aranciata? Se avete dai 20 ai 35 anni è molto probabile che abbiate visto, o almeno sentito parlare, del cartone animato di Orange Road, chiamato in un altro modo in Italia. Vi rinfresco la memoria con la sigla:

Ebbene sì, Orange Road è il titolo originale di "E' quasi magia Johnny", trasmesso con grande successo sulle reti Mediaset nei primi anni '90. Orange Road (il titolo completo sarebbe "Kimagure Orange Road",  dove kimagure significa "capriccioso/a") nasce come serie a fumetti, serializzata prima a capitoli settimanali sulla rivista Weekly Shonen Jump e poi raccolta in 18 volumi. In Giappone, infatti, la maggioranza dei manga viene prime serializzato periodicamente (di solito settimanale o mensile) su riviste-contenitore stampate su carta di bassa qualità che raccolgono numerose serie e poi raccolti successivamente in volumetti singoli come quelli a cui siamo abituati noi.

Il manga di Orange Road (che venne pubblicato in Giappone dal 1984 al 1987) era già stato portato in Italia da Star Comics, prima con un edizione di 25 volumi (contro i 18 dell'edizione originale Giapponese) con lettura ribaltata (in Giappone leggono da destra a sinistra). In seguito sempre la Star Comics diede alle stampe una seconda edizione, sempre con la lettura ribaltata ma rispettando il numero originale di volumi, e quindi la scansione dei capitoli numero per numero.

Quest'anno J-Pop ha optato per portare in Italia l'edizione deluxe del 1991 di Orange Road: 10 volumoni con sovraccoperta di circa 300 pagine.

Orange Road è un fumetto Shonen. Cosa vuol dire? In Giappone i fumetti vengono classificati in base al target di pubblico, e così le riviste che li contengono. Abbiamo gli Shonen, pensati per un pubblico in prevalenza maschile (shonen vuol dire nè più nè meno "ragazzo") che frequenta le medie/superiori, gli Shojo, stessa fascia d'età degli Shonen ma pensati per un pubblico femminile, i Seinen, pensati per un pubblico maschile adulto e gli Josei, la controparte Seinen al femminile. Ci sono altri generi ma per il momento possono bastare.

Orange Road è quindi pensato per un pubblico adolescente e a livello tematico è un Romance Manga: un manga in cui da padrone la fanno gli intrecci amorosi tra i personaggi. Questi tipi di manga sono spesso delle commedie ambientate soprattutto a scuola e nella loro declinazione Shonen vengono spesso raccontati dal punto di vista del protagonista maschile, nel nostro caso Kyosuke (Johnny nella versione italiana). Perno della storia è il triangolo amoroso che da subito si forma tra il nostro, Madoka (Sabrina nella versione italiana) e Hikaru (Tinetta).

Il twist di Orange Road rispetto ai clichè di genere è che Kyosuke e la sua famiglia (le due sorelle gemelle) hanno poteri paranormali: telecinesi, teletrasporto, lettura del pensiero, insomma un pacchetto completo.

A questo punto una piccola digressione. Come ho già spiegato, sia il manga che a maggior ragione il cartone animato, che è uscito nell'87 quando il fumetto si era già concluso, erano (e sono) rivolti ad un pubblico per lo più adolescente. In Italia invece i cartoni animati erano (e sono) concepiti come un prodotto esclusivamente per bambini (elementari e medie). Quindi l'adattamento italiano di Orange Road ha subito una serie di pesanti e grotteschi tagli (se volete approfondire c'è chi ha compilato un elenco di tutte le  censure) atti a rendere la fruizione dello stesso adatta ad un pubblico più giovane, con buona pace dell'integrità artistica. Orange Road non è il solo: quasi tutti i cartoni animati trasmessi dalle reti Mediaset negli anni '90 presentano tagli, omissioni, adattamenti farlocchi, cambi di nome all'occidentale. Non si salva quasi nessuno, perfino mostri sacri come Sailor Moon, dove addirittura nell'ultima serie furono eliminate tutte le inquadrature che mostrassero caratteri giapponesi! Nei primi anni 2000 si è iniziato un recupero "filologico" delle vecchie serie, che sono state ridoppiate in maniera più fedele, con i nomi originali giapponesi e con tutti gli episodi integri pubblicati in VHS o DVD, compreso Orange Road, edito da Yamato Video. Nell'edizioni italiane dei manga per fortuna non ci sono mai stati grossi scempi, a parte la lettura ribaltata per facilitare la lettura da un pubblico non educato a leggere al contrario e la divisione dei volumi originali in tanti volumi più piccoli (le cosiddette "sottilette"). Oggi i nuovi manga vengono stampati tutti nel senso di lettura originale (il pubblico si è abituato, e poi diciamocelo, non è così difficile), con la foliazione e le grafiche originali.

Fine della digressione, è il momento di parlare di questo numero 1

Copertina e stile grafico

Come potete vedere anche voi nell'immagine che apre il post, la copertina del primo numero presenta Madoka in una posizione tipica degli anni '80: a cavallo di una moto (le motociclette andavano un casino nel Giappone degli anni '80, non chiedetemi perchè) chioma fluente e vaporosa (fin troppo: le proporzioni con la grandezza della testa sono un po' farlocche), jeans a vita alta e giubbotto da motociclista dai colori forti. La costa del volume è fatta in modo che quando i 10 volumi saranno allineati sulla libreria formeranno la frase "Orange Road": un bel tocco di classe.
Molto spesso nei primi episodi di una serie il tratto è un po' incerto e subisce una evoluzione in corso d'opera per trovare un suo stile "canonico". Orange Road non fa eccezione: basta confrontare l'illustrazione di copertina (realizzata presumibilmente in tempi successivi all'uscita degli episodi su rivista) con lo stile dei primi capitoli: i personaggi non hanno ancora delle fisionomie ben definite (soprattutto una delle sorelle di Kyosuke, Manami)e le vignette sono piuttosto semplici, senza fronzoli. Ho notato in particolare che i retini (quegli effetti di ombreggiatura e decorazioni che vengono aggiunti alle vignette per ottenere particolari enfasi comiche o drammatiche) sono un po' usati ad minchiam. Lo stile del tratto ad un occhio abituato ai manga moderni risulterà inevitabilmente retrò: si parla d'altronde di un fumetto pubblicato quasi vent'anni fa. A me ha ricordato molto lo stile di Rumiko Takahashi, famosa in Italia per tre manga, da cui sono state tratte altrettante serie a cartoni animati: Lamù (Urusei Yatsura in originale), Ranma 1/2 e Inuyasha. J-pop ha optato per adattare le onomatopee in italiano, e i numerosi riferimenti culturali e pop dell'epoca (che rendono molte battute intraducibili) sono spiegati con una nota del traduttore a lato della vignetta.

Cosa succede in questo numero

Il manga si apre con l'incontro su una scalinata di un parco tra Kyosuke, che si è appena trasferito in città (scopriremo dopo che a causa dei poteri paranormali della famiglia, Kyosuke è stato costretto a trasferirsi più volte), incontra, complice un cappello di paglia, Madoka, una bella ragazza della stessa età. Il giorno successivo Kyosuke scopre di essere nella stessa classe di Madoka, che però si rivela essere una mezza delinquente che lo tratta freddamente. Parentesi, il concetto giapponese di delinquente è abbastanza diverso dal nostro: Madoka si qualifica come delinquente perchè salta spesso le lezioni, risponde male ai professori e fuma! Da noi sarebbe una normale ragazza delle medie.

Si accompagna a Madoka un'altra ragazza indisciplinata, Hikaru, più giovane di un anno. E' proprio lei che, vedendo per caso Kyosuke usare il proprio potere, se ne infatua perdutamente (da allora per lui sarà sempre il suo "tesoruccio"). Kyosuke invece non si dà per vinto con Madoka e riesce a conquistarsi la sua fiducia e amicizia (sperando naturalmente in qualcosa in più). Il comportamento di Madoka (freddezza iniziale seguita da affetto) è tipico di una serie di personaggi femminili che nei manga giapponesi sono conosciuti come tsundere . Col tempo è diventato un clichè (tanto che è stato coniato un termine apposito), ma nell'84 Madoka era una capostipite delle ragazze tsundere.

Il resto del numero è dedicato allo sviluppo del triangolo amoroso tra Madoka, Kyosuke e Hikaru: Hikaru è innamorata di Kyosuke che però ha occhi solo per Madoka, che si comporta in maniera ambigua, ma nel frattempo è lusingato dalle attenzioni di Hikaru e finisce per mantenere il piede in due staffe. E' curioso notare come col tempo cambiano i punti di vista: quando da ragazzino ho visto il cartone animato, l'immedesimazione con Kyosuke era più forte di ora e il suo comportamento di dare attenzione a Hikaru quanto basta per tenerla buona mentre sbava dietro Madoka mi sembrava normale: due belle ragazze che ti ronzano attorno sono meglio di una! Ora mi accorgo come Kyosuke si comporti da perfetto stronzo!

Chiude il volume una svolta nella trama: entra in scena un nuovo personaggio, Hino (Renato nell'adattamento italiano del cartone animato), amico di infanzia di Madoka e Hikaru e perdutamente innamorato fin da piccolo di quest'ultima (con grande sollievo di Kyosuke che pensava che andasse dietro Madoka, 'sto infame!) destinato al ruolo di rivale in amore di Kyosuke sul versante Hikaru.

Cosa mi aspetto nel numero successivo

Con un nuovo personaggio è normale che i prossimi capitoli saranno dedicato soprattutto a lui. Hino cercherà (invano) di convincere Hikaru a lasciar perdere Kyosuke, il quale, nonostante di Hikaru gliene freghi relativamente, per orgoglio personale cercherà di tenerla bella stretta. Mi aspetto inoltre che la componente paranormale, che in questo primo numero è rimasta abbastanza in ombra, usata solo per dare un tocco di colore alla vicenda, diventi più importante e venga usata come plot narrativo (se ci pensate le possibilità sono infinite). A livello grafico mi aspetto che lo stile diventi più maturo e più costante, anche se non penso che vedremo chissà quali mirabilie della tavola.

Consigli per gli acquisti

Perchè dovreste comprare la nuova edizione di Orange Road? Se siete appassionati del cartone animato e non avete mai letto un manga potreste iniziare da questo, in modo che i personaggi vi siano già familiari, anche se state pronti a fruire le vicende in maniera diversa, un po' perchè l'adattamento italiano lo ha reso a tutti gli effetti un'opera diversa, un po' perchè la percezione di qualcosa visto nell'infanzia è invariabilmente scolpito a pietra nella mente, e spesso è dura accettare differenze dalla versione dei nostri ricordi.

Per chi già legge manga potrebbe essere interessante, a livello filologico, leggere un classico delle commedie romantiche degli anni '80 e confrontarlo con le opere odierne per vedere come si è evoluto il genere e quali sono invece i punti fermi.
Al prossimo numero!
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...