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mercoledì 23 gennaio 2013

Retrospettiva sul 2012

Con colpevolissimo ritardo ritorno ad aggiornare il blog con un post fuori tempo massimo, ovvero il classico resoconto dell'anno appena passato per quanto riguarda le mie letture.

Dal punto di vista librario, per me il 2012 è stato un anno molto prolifico: dati di Goodreads alla mano, nel 2012 ho letto 62 libri, escludendo le serie a fumetti. Un bell'aumento rispetto alle 38 del 2011

Merito dell'aumento, oltre alla necessità di stare dietro ai numerosi libri acquistati, (sono un acquirente di libri compulsivo) è sicuramente del kindle regalatomi a Natale 2011, su cui ho letto circa la metà dei libri del 2012.

Personalmente non ho vissuto il passaggio all'ebook in maniera traumatica: degli schermi e-ink mi sono innamorato fin dal 2009, quando ho visto per la prima volta un kindle sulla metropolitana di Boston, e l'acquisto del primo lettore con schermo e-ink nel 2011 non ha che confermato il mio istinto iniziale: per me leggere un libro cartaceo o un ebook è indifferente. Certo, per alcuni versi l'esperienza di lettura ha delle piccole variazioni: se con l'ebook non posso sfogliare avanti e indietro nel testo con agilità (ma se l'ebook è formattato bene, soprattutto per quanto riguarda le note, la navigazione non è così scomoda), con il cartaceo non posso portarmi in vacanza decine di libri e permettermi di scegliere a posteriori cosa leggere. Inoltre l'ebook, essendo un oggetto intangibile, non mi guarda con fare severo sulle più che stipate librerie di casa. In futuro sicuramente leggerò sia su carta che su kindle, ma il vantaggio sarà sempre di più a favore di quest'ultimo, per motivi di spazio.

Il più grande merito del Kindle è a mio parere la presenza dei dizionari integrati, che mi ha permesso di fare agevolmente il salto verso la lettura in lingua originale. Nel 2012 ho letto 3 libri in lingua inglese sul kindle, tutti piuttosto corposi: Terra, di cui ho parlato nell'ultimo post e i primi due libri della saga "A Song of Ice and Fire" (meglio conosciuta come Game of Thrones). Nello stesso anno ho anche letto un libro cartaceo in originale (un saggio sulla storia del rugby) e la differenza è stata notevole: sul cartaceo non potevo ogni volta fermarmi per andarmi a cercare sul dizionario e questo andava a discapito nella comprensione. Sul kindle invece il processo è indolore e non rompe troppo il fluire della lettura, anche nel caso di libri come la saga di Game of Thrones che è scritta con termini inglesi abbastanza vetusti (sapevate che in inglese esistono almeno tre o quattro termini diversi per indicare i cervi di diversa età e sesso? grazie al kindle io l'ho scoperto!). Nel 2013 quindi, la fetta di libri in lingua originale è destinata ad aumentare grazie al gioiellino di casa Amazon, soprattutto per quei generi come la fantascienza i cui autori più moderni sono abbastanza snobbati dagli editori italiani che preferiscono andare sul sicuro con i classici.

letture 2012, statistiche goodreads
Un anno di letture

La "curva" dei giudizi dei libri letti quest'anno è leggermente spostata verso l'alto, segno che mediamente nel 2012 ho letto libri che mi sono piaciuti. Per quanto riguarda la tipologia, la torta delle tag mostra come ho letto soprattutto narrativa che saggistica (in rapporto 1:2), mentre con soddisfazione noto che i libri italiani sono quasi alla pari con la produzione anglosassone. Per quanto riguarda i generi invece la fanno da padrone fantasy e fantascienza per la narrativa e la scienza per la saggistica, ma la grossa fetta di "other" mostra che in realtà nell'anno passato ho spaziato tra i vari generi.

Tra i TOP 3 dei libri letti quest'anno:

Terra (Earth), di David Brin

La dimostrazione che la Fantascienza è viva e vegeta, anche se la fame di futuro sembra essersi esaurita., e che se non si legge in originale si rischia di perdere tanti romanzi meritevoli.

Il Tempo è un bastardo (A visit from the goon squad) Jennifer Egan

A mio modestissimo parere la narrativa del futuro passa per le raccolte di racconti interconnesse fra loro. Se poi il tutto è condito con un po' di stilemi postmoderni, non posso che esserne felice.

Almost Blue, Carlo Lucarelli


Una sorpresa: conosceva già il talento di narratore di Lucarelli dalle sue trasmissioni televisive, ma questo è il suo primo romanzo che leggo. In poco più di 100 pagine che si leggono riesce a condensare un ottimo thriller/giallo con serial killer. Consigliatissimo.

Tra i Bottom 3 del 2012:

Comma 22 (Catch 22), Joseph Heller


Delusione massima: Comma 22 è uno dei caposaldi del postmoderno (per i quali vale la premessa/pregiudizio che ho fatto recensendo Running Dog).

Lento, ripetitivo (anche se sono conscio del fatto che la ripetitività è voluta, per sottolineare l'assurdità della vita militare), dove dovrebbe far ridere mi ha lasciato indifferente, e l'idea del Comma 22 (Chiunque è pazzo può andare in congedo, ma chiunque chieda il congedo non è pazzo) è azzeccata ma viene sempre declinata allo stesso modo in contesti diversi, senza variazioni nel modo e sempre con lo stesso ritmo pacato e lezioso. Per me bocciato.

Dove stiamo volando, Vittorio Curtoni

Di "Dove stiamo volando" ne ho già parlato nel secondo post del blog. Io di Fantascienza italiana sono piuttosto ignorante, ma se sono tutti come questo allora non voglio toccarla neanche da lontano con un bastone. Troppo pretenzioso e con quella fastidiosa tentazione di voler a tutti i costi smarcarsi dalla definizione di fantascienza. Delusione amara, per di più sapendo la grande passione dell'autore per il genere.

1Q84 Libro tre, Murakami Haruki

Anche di questo ne ho parlato sul blog. Se il primo volume poteva tranquillamente nella top 3, questo secondo e ultimo volume dell'ultima fatica letteraria di Murakami si smarca drasticamente nell'atmosfera e nel ritmo rispetto al primo tomo: se prima avevamo un crescendo di tensione e situazioni oniriche dal gusto Lynchiano, qui abbiamo un devastante (per i miei gusti) controclimax, dove l'azione è stagnante, di attesa e si dà spazio all'introspezione spicciola.

Per questo 2013 cercherò di essere più regolare con l'aggiornamento del blog: attualmente ho almeno cinque libri letti di cui non ho fatto la recensione e altri in corso di lettura. Per non dimenticare i fumetti e magari qualche recensione cinematografica. Dovrei quindi essere in grado di programmare meglio i nuovi post.

A risentirci!



lunedì 3 dicembre 2012

Terra, di David Brin

  • Titolo: Terra 
  • Autore: David Brin
  • Traduttore: Mauro Gaffo
  • Casa Editrice: Interno Giallo
  • Pagine: 636
  • Letto su: Kindle





Oggi vi parlo di un libro che purtroppo è fuori catalogo. Purtroppo perchè è un libro dannatamente bello, pubblicato in Italia a poca distanza dall'uscita dell'edizione in lingua originale (1991 contro 1990) ma mai più ristampato. Un libro che non avevo mai sentito prima dei consigli sempre preziosi di Davide Mana (ne aveva parlato sulla fanzine de Il futuro è tornato in occasione dell'uscita del nuovo libro di David Brin, Existence).

Copertina di Terra, di David Brin
La più pertinente copertina americana


Vi capita mai leggere o sentire qualcuno sostenere che dall'inizio degli anni '80 (più o meno dalla morte di Dick) la Fantascienza non riesca a produrre niente di nuovo? Bene, se conoscete persone che la pensano così andate a cercare sulle bancarelle questo libro e poi sbatteteglielo in faccia. (meglio se sono editori a livello nazionale)

Ma prima leggetelo.

Terra non è invecchiato di un giorno; e per un romanzo di fantascienza di tipo "speculativo" è un complimento non da poco. Il romanzo è ambientato a metà del 21° secolo: l'affresco globale che Brin traccia delle condizioni del nostro pianeta è spaventosamente verosimile (molte delle previsioni del romanzo si sono già tramutate in realtà), ma anche spaventoso e basta: l'umanità non se la passa molto bene tra innalzamento delle acque, perdita della biodiversità, instabilità politica e incremento demografico che rischia di oltrepassare il limite sostenibile dal pianeta. Brin capisce già nel 1990 che Internet è destinato a cambiare tutto, e infatti nel mondo delineato nel romanzo la Rete globale è importantissima e necessaria, ed è destinata a cambiare la natura stessa dell'uomo.

Il pianeta Terra è uno dei tanti protagonisti di un romanzo corale in cui all'inizio è un po' difficile trovare il bandolo della matassa: come spesso succede in questo tipo di romanzo, soprattutto se il ritmo di lettura non è troppo elevato, sembra di essere di fronte ad una raccolta di racconti ambientati nello stesso mondo. Per di più la fantascienza di Brin fa parte della cosiddetta "hard SF": fantascienza cioè in cui (quasi) tutti i fenomeni che avvengono hanno solide basi scientifiche. Per di più in un romanzo ambientato nel prossimo futuro, dove la cesura tecnologica con il mondo attuale non può essere presente più di tanto. Ma dando fiducia al romanzo le vicende dei vari personaggi, dapprima quasi personali, iniziano a convergere fino a coinvolgere l'intero pianeta.

Terra è un romanzo intriso di scienza: le descrizioni del pianeta, dei cambiamenti geografici, la teoria di Gaia diventata movimento religioso, tutto è spiegato in maniera solida e dettagliata. Molti dei personaggi sono scienziati e chi non lo è di professione fa largo uso della tecnologia. Ma qui non è come in molti romanzi in cui lo scienziato lavora in maniera misteriosa e "segreta" (e da questo punto di vista è indistinguibile da un mago): in Terra gli scienziati applicano il metodo scientifico, fanno errori, rivedono le proprie teorie per formularne di nuove.

Anche se in alcuni punti Terra rischia di diventare uno pseudo-saggio, in cui Brin si esercita a immaginare come sarà l'immediato futuro, la trama portante non è banale: non voglio anticipare nulla, ma il pianeta si ritrova a fronteggiare una minaccia potenzialmente mortale, passando per la geologia del pianeta, fisica avanzata, biologia, politica internazionale, cyberspazio fondali oceanici, dighe, caverne, riflessione sulla natura umana, viaggi spaziali e pure una minaccia aliena. Ma come succede sempre a una grande minaccia si accompagneranno anche grandi opportunità, grazie alla capacità di adattamento dell'uomo.

Il centro della Terra, David Brin
In Terra l'azione si svolge su tutti i livelli. Ma proprio tutti!


Uno dei grandi pregi di Brin, da bravo scienziato, è di sospendere ogni giudizio sui cambiamenti immaginati: perfino il riscaldamento globale, la perdita di biodiversità, non sono visti da Brin come qualcosa di intrinsecamente negativo: sono semplicemente cambiamenti, momenti passeggeri. E' facile vederla in questo modo adottando il punto di vista del pianeta, con le sue innumerevoli ere glaciali, disastri naturali e estinzioni di massa! Inoltre Brin abbandona qualsiasi principio antropico: l'uomo potrebbe estinguersi domani e la Terra andrebbe avanti comunque, la vita continuerebbe, solo in maniera diversa da come siamo abituati. Un atteggiamento del genere permette quindi di descrivere un mondo sull'orlo della catastrofe, un'umanità in procinto di cadere nell'oblio, ma nello stesso tempo di mostrare un'intrinseca fiducia nella capacità umana, la speranza che in un modo o nell'altro, non come individui, ma a livello di specie, riusciremo a sopravvivere.

Un ottimismo di fondo insomma che è l'opposto del pessimismo che avevo tracciato nella recensione di I Senza-Tempo a proposito degli autori di fantascienza italiana. E' questo che vorrei leggere nella nostra letteratura del fantastico! Non abbandonate la speranza!

Terra è un romanzo olistico e massimalista: un magnum opus che cerca di coprire più tematiche della fantascienza in un colpo solo (strizzando anche un po' l'occhio al cyberspazio, non dimentichiamoci che è stato pubblicato nel periodo d'oro del Cyberpunk), e ci riesce benissimo. Come nei migliori romanzi fantastici azione, speculazione sul futuro e riflessione sulla condizione umana si amalgamano in un'opera dove la somma delle parti è qualcosa di più delle stesse prese singolarmente.

Cinque stelle su cinque, fatevi un favore e cercatelo, sulle bancarelle, sulla Rete, e se siete un editore che per caso passate di qui prendete seriamente in considerazione l'idea di acquisire i diritti e ristamparlo!




martedì 27 novembre 2012

I senza-tempo

  • Titolo: I senza-tempo
  • Autore: Alessandro Forlani
  • Editore: Mondadori (Urania 1588)
  • Pagine: 216
  • Letto su: cartaceo 
  • Note: nel volume sono presenti anche due racconti, uno di Marco Migliori e l'altro di Dario Tonani









Il romanzo di Alessandro Forlani, uscito a Novembre 2012 nella collana Urania classica (per chi di voi fosse vissuto fino ad adesso su Marte, Urania è una collana mensile di fantascienza da edicola che esce, nel bene e nel male, ininterrottamente dal 1952) è riuscito nel non facile intento di far parlare di sè in lungo e in largo per la Blogosfera. Ne hanno parlato meglio di quanto potrò fare io Davide Mana su Strategie Evolutive e Argonauta Xeno sull'omonimo blog .

E' importante che il romanzo ottenga recensioni e discussione all'interno del fandom, perchè I senza-tempo è anche vincitore del Premio Urania, il più importante riconoscimento per la narrativa fantascientifica italiana, e del premio Kipple . Discutere di questo romanzo in un certo senso è quindi tastare il polso del livello della fantascienza in Italia.

Siamo di fronte a quello che gli inglesi chiamerebbero "novelette": il romanzo è infatti molto breve, 105 pagine. La brevità però non impedisce a Forlani di raccontare una trama compiuta, dove non manca una buona dose di azione e adrenalina e di tratteggiare in pochi ma efficaci passaggi il mondo in cui si svolge la vicenda. I senza-tempo si svolge in Italia (con buona pace di Fruttero & Lucentini, che sostenevano che non era possibile ambientare un romanzo di fantascienza nel Bel Paese), fotografata in tre scansioni temporali: nel 2012, 2024, 2036. Quello che salta subito all'occhio è che nell'Italia del 2024 e del 2036 quasi nulla è cambiato rispetto a 12 e 24 anni prima: niente mirabolanti innovazioni tecnologiche, niente cambiamenti sociali, l'Italia del futuro prossimo sembra calata in una bruma che mantiente tutto in stasi (il tema del tempo come avrete intuito è cardine dell'intera vicenda). Anzi, invece del progresso che di solito si associa al futuro, per Forlani ciò che attende l'Italia è un lungo e malinconico viale del tramonto: nessuna prospettiva per i giovani, malfunzionamento delle reti elettriche soprattutto in provincia e di Internet in tutto il paese, che diventa un medium in secondo piano rispetto all'onnipresente televisione.

L'Italia dei senza-tempo è un posto che prima di tutto ha perso la speranza, in cui intere generazioni si sono arrese (penso al personaggio di Stefano). E' un posto in cui i Senza-tempo, perversi negromanti che vivono in mezzo a noi, manovrano dietro le quinte e sono in grado più facilmente di altre epoche di mantenere lo status quo, di stringere le proprie grinfie sulla realtà. Ma il potere di stasi italiano è così forte che persino i Senza-tempo si sono arresi a vivacchiare in un'esistenza borghese, che viene minacciata dal risveglio di Monostatos, un Senza-tempo di altri tempi e altro linguaggio (per la precisione del Seicento), il cui unico scopo è l'assoggettamento di tutto sotto la propria volontà insaziabile.

Ad opporsi a lui tre giovani che già avevano incontrato Monostatos durante l'infanzia (una reminiscenza dell'It kinghiano) e una fotoreporter all'apice della sua carriera, per la quale deve ringraziare proprio il neo-risvegliato Senza Tempo.

La narrazione di Forlani è un po' schizofrenica: salta freneticamente nello spazio e nel tempo, anticipando o ritardando gli eventi. Nelle intenzioni dell'autore questo stile dovrebbe imitare il montaggio serrato che si ha nel cinema. Sicuramente il ritmo ne giova, ma ho trovato che il romanzo ne esca un po' sballato: la costruzione della tensione e della suspence è imperfetta, abbondano gli anti-climax. Forse è un effetto voluto ma potrebbe anche indicare qualche lacuna nel controllo della narrazione.

Forlani fa abbondante uso di immagini horror, quasi splatter: ma le descrizioni sono asciutte e soprattutto sono improvvise, nette, come la lama di un rasoio. Non indugia mai su qualche particolare sgradevole, non si abbandona mai all'autocompiacimento.

Forlani, come altri autori di fantascienza italiana, adotta un punto di vista essenzialmente pessimistico. Questo atteggiamento l'ho già riscontrato in Vittorio Catani e Vittorio Curtoni (qui la recensione di Dove stiamo volando), due pesi massimi della fantascienza italica e anche Valerio Evangelisti ci prospetta un futuro difficile: sembra che per la fantascienza nostrana la speranza in un futuro migliore sia praticamente nulla. E' probabile che, vista la situazione attuale, abbiano ragione loro, ma mi piacerebbe vedere nei nostri autori un atteggiamento più ottimista, più speranzoso. I momenti di crisi infatti spesso sono anche momenti di opportunità, ed è anche compito della narrativa dell'immaginario quale è la fantascienza tratteggiare futuri possibili dove non tutto va per il verso sbagliato.

Accompagnano il romanzo cinque racconti legati tra loro dalla presenza dei senza-tempo. Anche questi sono racconti cupi, in cui l'Italia è spacciata. Addirittura nell'ultimo racconto, All'inferno Savoia!, si evince come il destino dell'Italia fosse segnato fin dall' inizio.

Sarà l'influenza de "Il tempo è un bastardo" (uno dei migliori romanzi del 2012 sin qui), ma trovo che sarebbe molto interessante leggere una raccolta di racconti interconnessi tra di loro a tema Senza-Tempo. Trovo che il romanzo a mosaico sia un tipo di narrazione particolarmente adatto al tema del tempo.

Accompagnano il romanzo e i racconti di Forlani due ulteriori racconti, "Lo scambiatore" di Marco Migliori, vincitore del Premio Stella Doppia e "Suburbi@ Drive" di Dario Tonani. Il primo è un racconto di stampo classico con qualche influenza Dickiana, bello, il secondo ambientato sulla strada e dal retrogusto punkeggiante, che mi ha lasciato un po' freddino.

In conclusione, nel complesso dò al volume tre stelle su cinque, in attesa di leggere altro di Forlani.

mercoledì 3 ottobre 2012

Dove stiamo volando


dove stiamo volando  

 E' brutto iniziare un blog con una stroncatura, ma questo è quello che ho letto recentemente.
Qualche mese fa sono andato con la mia ragazza a Genova, a vedere una mostra di Van Gogh. Ad un certo punto passiamo davanti all'edicola e, quasi meccanicamente, butto un occhio allo spazio dedicato agli Urania. Mi cade l'occhio sulla copertina che vedete qui sopra. 

"Vittorio Curtoni, questo nome non mi è nuovo". Ripesco da qualche angolo della memoria: curatore della rivista di fantascienza Robot. Mi avvicino, prendo il libro e guardo la quarta di copertina: è compaesano (eravamo entrambi di Piacenza. Uso il passato perchè lui non è più tra noi, e io non sono più a Piacenza). La combo campanilismo-fantascienza me lo fa acquistare al volo.

Durante il viaggio di ritorno in treno, mi metto a sfogliare il volume, che appartiene alla collana "Urania Collezione": contiene un romanzo di circa 120 pagine (gli inglesi lo chiamerebbero "novelette") che dà il nome al volume, sei racconti e un saggio dal titolo esplicativo "La mia love story con la fantascienza" in cui Curtoni racconta la propria carriera lavorativa nel campo dell'editoria italiana di fantascienza. Ai testi di Curtoni si aggiungono una esaustiva bibliografia e il ricordo del curatore di Urania, Giuseppe Lippi, che dello scrittore piacentino recentemente scomparso era stato collega di lavoro e amico.

Decido di iniziare dal saggio: bellissimo,  scorre che è un piacere e racconta di come un Curtoni liceale e con la passione per la fantascienza sia riuscito a farlo diventare un lavoro. Il contesto è quello dell'Italia degli anni '60-'70, delle prime avventure editoriali in campo fantascientifico (considerato anche allora "robaccia di serie B"), delle prime convention dedicate. Curtoni racconta tutto dal suo punto di vista e senza peli sulla lingua: i propri successi e fallimenti, i litigi e gli errori e infine la sua uscita dalla scena pubblica, negli anni '90. Ne emerge un ritratto sincero, ma soprattutto una passione sconfinata per la fantascienza.

Con entusiasmo mi accingo quindi a leggere il romanzo e i racconti. E passano dei mesi. Ho infatti ripreso in mano "Dove stiamo volando" solo qualche settimana fa. Quando di un libro ho aspettative molto alte tendo infatti a rimandarne la lettura in attesa di un fantomatico "momento perfetto" (ne parlerò più approfonditamente in un post dedicato): naturalmente questo momento non arriva mai e finisco per arretrare il libro nella pila dei volumi da leggere.

Per "Dove stiamo volando" decido finalmente di rompere gli indugi e mi addentro nella lettura: delusione totale!

L'incipit di "Dove stiamo volando" (il romanzo) è rappresentativo dello stile di scrittura che Curtoni manterrà per tutta l'opera: raccontato in prima persona, con una prosa barocca che abbandona spesso e volentieri la descrizione di ciò che sta avvenendo per divagazioni poetico-oniriche e giudizi morali.

La storia è piuttosto lineare, ma del resto non è il fulcro del romanzo: Charles è un mutante (la cui mutazione verrà rivelata solo a metà storia) che decide di andare a vivere in una comune di mutanti a Nuova Parigi, detta il Ghetto (il cui nome già non invoglia al trasferimento in massa). Purtroppo per lui decide di andare nel posto sbagliato nel momento sbagliatissimo. La storia è ambientata in un'Europa post-Olocausto nucleare, in cui umani e mutanti vivono non proprio in sintonia.

La sensazione che si ha, leggendo il romanzo, è che Curtoni voglia, nell'ordine:

  1. Far vedere quanto è bravo a scrivere frasi ad effetto ("Guarda mamma, senza mani")
  2. Scrivere un libro di fantascienza che sembri un romanzo mainstream, come se si vergognasse di ammetterne il genere
Il risultato finale è un romanzo molto pretenzioso, il cui autore vuole disperatamente essere preso sul serio in quanto scrittore tout-court, non in quanto scrittore di fantascienza. I casi sono due, o si vergogna di appartenere al genere, oppure vuole disperatamente dimostrare che in un romanzo di fantascienza si può calcare la mano sull'aspetto formale, invece di raccontare e basta. Data la professione di amore per il genere che si evince dal saggio, propendo per la seconda ipotesi.

Forse il mio giudizio negativo risente anche di una mancata prospettiva storica: lo scritto è del 1972. In quegli anni la fantascienza era ancora vista, in Italia, come "navicelle spaziali e alieni tentacolari verdi" (non che la visione sia cambiata di molto, ma questa è un'altra storia). Naturale quindi che autori come Curtoni cercassero di allinearsi agli autori anglosassoni e osare di più dal punto di vista stilistico e filosofico. Il risultato però è fin troppo eccessivo: Curtoni sacrifica la narrazione sull'altare della poetica, ma lo fa in maniera vistosa. Per dirla con un'espressione in inglese: "He tries too hard".

Nei sei racconti la situazione migliora dal punto di vista della narrazione. Ho apprezzato molto la scelta, in alcuni racconti, del punto di vista multiplo per raccontare la storia. Anche qui è presente un certo gusto per la prosa barocca e per una narrazione opaca: spesso è faticoso capire cosa sta succedendo esattamente. Ma in questi racconti l'artificio narrativo funziona meglio che nel romanzo (penso soprattutto al racconto "La sindrome lunare"). Belle anche alcune chicche meta-narrative che Curtoni semina qua è là per ricordarci che stiamo leggendo un'opera di fiction e per scherzare sulla natura della parola scritta.

Il grosso limite dei racconti, almeno per me, è che le vicende trattate non sono abbastanza interessanti ("Ritratto del figlio"), o non riescono ad essere raccontate in modo che ci appaiano tali ("L'esplosione del minotauro"). A volte Curtoni si abbandona ad un voluto ermetismo ("La volpe stupita"), mentre in "Vento dal mare" l'elemento soprannaturale ed un pizzico di Horror non riescono a salvare un racconto che è soprattutto un esercizio di racconto realistico.

L'impressione finale di questa antologia è che a Curtoni, la cui occupazione principale era quella di traduttore ed editor, manchi quel quid che hanno i grandi scrittori e che non riesca a colmarla grazie alla sua cultura del genere. Oltre ad un incredibile senso di inferiorità nei confronti della letteratura in senso "lato"

In conclusione, con grande amarezza ho dovuto dare 1 stella su 5.
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