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lunedì 29 ottobre 2012

Un Polpo alla gola

Un polpo alla gola, Zerocalcare, Bao Publishing
  • Titolo: Un polpo alla gola
  • Autore: Zerocalcare
  • Editore: Bao Publishing
  • Pagine: 192
  • Letto su: Cartaceo 






Ho conosciuto Zerocalcare (nome d'arte di Michele Rech) grazie ad una botta di sfiga: la rivista di fumetti Canemucco. Edita da Coniglio Editore, la rivista era il parto geniale della mente di Makkox, talentuoso fumettista italiano che si era già fatto una discreta fama su internet.


 Inizialmente programmata come testata mensile, distribuita in fumetteria e in edicola (quindi con una tiratura piuttosto cospicua), Canemucco ha visto vedere la luce, dopo svariati ritardi e lo spostamento della distribuzione solo in fumetteria, per 4 dei 6 numeri programmati.
Canemucco, makkox, zerocalcare
Il quarto e ultimo numero di Canemucco


 Il motivo? le scarse vendite, purtroppo. Peccato, perchè era un progetto interessante: oltre alla serie principale di Makkox, la rivista dava spazio anche ad altri giovani fumettisti. Ed uno di quelli era proprio Zerocalcare: protagonisti delle sue storie il suo alter-ego, accompagnato da un simpatico armadillo che fungeva da spalla/voce della coscienza. Un rapporto che ricordava molto due Calvin & Hobbes cresciuti.

Per nostra fortuna, nonostante il fallimento del progetto, Marco Dambrosio, (l'uomo che sta dietro al fumettista Makkox) decise di dare fiducia a Zerocalcare e di produrre per conto proprio il suo primo volume a fumetti: nacque così "La profezia dell'armadillo". Inoltre, Zerocalcare decise di aprire un blog in cui a scadenza regolare venivano pubblicate delle strisce complete, la cui qualità era uguale se non superiore a quella che si poteva apprezzare sul Canemucco.

profezia dell'armadillo, Zerocalcare, Makkox
Il volume prodotto da Makkox
 Nel volume erano presenti storie già pubblicate sul canemucco e sul blog ma unite tra loro da un filo conduttore, segno che Zerocalcare le aveva ideate come un unico blocco di storie. Inizialmente prodotto in poche copie, il fumetto ebbe un successo notevole grazie al tam tam su internet, tanto da costringere Makkox a stamparne altre copie. Ma evidentemente l'autoproduzione non era abbastanza perchè una giovane casa editrice, la Bao Publishing, decise di farne una nuova edizione a colori (La profezia dell'armadillo - colore 8-bit). E decisero di pubblicare anche il successivo lavoro di Zerocalcare, Un Polpo alla gola.

In questo secondo lavoro "completo", Zerocalcare non abbandona lo stile che lo ha reso famoso con le storie dell'armadillo: autoreferenzialità a go-go e citazioni pop pescate a piene mani dall'immaginario comune dei giovani cresciuti negli anni '80-inizio anni '90 (la generazione che è stata recentemente definita in un saggio "La generazione Bim-Bum-Bam"), che oggi si trovano ad affrontare una fase della vita in bilico tra la fine della giovinezza e l'inizio dell'età adulta (Zerocalcare la chiama "l'adolescenza lunga"). Fase che è sempre più lunga, complice una serie di fattori esterni, in primis l'incertezza lavorativa. L'alter ego di Zerocalcare interagisce con diversi personaggi della cultura popolare (Ken-shiro, i cavalieri dello zodiaco, Darth Vader), a metà tra un soliloquio con la propria coscienza a là John Dorian di Scrubs e un dialogo immaginario. In "Un polpo alla gola" però c'è anche molto di più (e un armadillo in meno): la storia è divisa in tre segmenti narrativi, durante le quali osserviamo la crescita di Zerocalcare, dall'infanzia, all'adolescenza alla fase adolescenziale/adulta attuale. Possiamo quindi dire che rispetto all'universo delineato da Zerocalcare nelle sue storie, "Un polpo alla gola" funge da prequel, nel quale ci viene narrato come l'alter-ego fumettistico di Zerocalcare è diventato come lo conosciamo. E non abbiamo solo una storia di formazione personale raccontata con ironia: abbiamo anche una sottotrama drammatica, proprio come nella Profezia dell'armadillo. Zerocalcare non usa le citazioni popolari fini a sè stesse, ma le sfrutta a fini narrativi: a mio parere riesce a descrivere lo zeitgeist della propria generazione (che è poi anche la mia) in maniera perfetta.

Per me, che sono nato del 1986, l'immedesimazione con le vicende raccontate da Zerocalcare è infatti quasi completa: le vicende scolastiche, il rapporto con i compagni di classe e soprattutto con quegli oggetti misteriosi che erano (già allora) le compagne di classe, i feticci (come il supremo Gambeboy). Il lato negativo dello stile di Zerocalcare è giocoforza che per lettori più anziani (e in futuro più giovani) è più difficile riuscire a cogliere tutti i riferimenti presenti nelle tavole di Michele Rech: potrebbero non essere coinvolti come chi le vicende narrate le ha davvero vissute. 

Ciononostante consiglio a tutti di recuperare entrambi i volumi e seguire Zerocalcare su internet: per chi è arrivato prima è un occasione per cercare di capire i propri figli/nipoti, per chi arriverà dopo sarà un occasione per comprendere i propri padri.

Quattro su stelle su cinque, non gli dò il massimo perchè voglio sperare che Zerocalcare abbia in serbo ancora molto.  

giovedì 4 ottobre 2012

Running Dog

Running Dog
  • Titolo: Running Dog
  • Autore: Don DeLillo
  • Traduttrice: S. Pareschi
  • Editore: Einaudi
  • Pagine: 260 pagine 
  • Letto su: Kindle





Vedete, il mio problema con Don Delillo è che è considerato un autore postmoderno. Anzi, uno dei capostipite della corrente postmoderna letteraria. E a me il postmoderno piace. O meglio, la situazione è un po' più complessa, ma certe opere postmoderne mi sono piaciute da impazzire (Infinite Jest, L'Opera Galleggiante), altre (Comma 22 su tutti) mi hanno lasciato freddo se non apertamente seccato. Ma le premesse del genere mi convincono, e mi trovano in sintonia.

Di DeLillo ho provato anni fa a leggere Underworld, che è considerato uno dei suoi capolavori, ma dopo il prologo ho interrotto la lettura: non mi ha proprio preso. Fortuna vuole che l'autore di origine italiana ha scritto svariati romanzi e grazie all'offerta di Einaudi sugli ebook in concomitanza dell'uscita di Cosmopolis, il film di David Cronenberg tratto dal romanzo omonimo di DeLillo, ho pensato di dargli una seconda possibilità con Libra e questo Running Dog. La scelta si è rivelata azzeccata.

Running Dog ruota interamente attorno ad un film: non un film qualunque, ma una potenziale bomba socio-storico-mediatica: una pellicola amatoriale girata nel bunker sotto Berlino nel 1945, durante gli ultimi giorni di vita di Hitler. Ma non una pellicola qualsiasi: un film porno, un'orgia che annovererebbe tra i protagonisti nientepopodimeno che il fuhrer in persona.

La presenza di questa fantomatica pellicola attira gli interessi di diverse persone: a partire dall'intermediario Newyorchese in possesso dei contatti giusti con i proprietari della pellicola, che fa da punto di incontro tra gli interessati: un giovane magnate dell'industria porno che se ne sta rintanato fisicamente dietro un magazzino e legalmente dietro una serie di società di comodo (e che ricorda molto il protagonista di Cosmopolis), un funzionario governativo di secondo grado che sta trattando l'affare per conto di un senatore degli Stati Uniti, avido collezionista di arte pornografica; il capo di un'agenzia d'intelligence deviata del governo chiamata CCP/URE.

Quando sono andato a vedere io il film eravamo in quattro, ma non so quanto avrei dato per vedere la faccia delle fan di Twilight alla fine del film.


Caso vuole che una giornalista della rivista antagonista "Running Dog" stia facendo un pezzo sul senatore, che guarda caso è a capo della commissione di indagine sull'operato della CCP/URE. La prima parte del libro si focalizza sulla ricerca della pellicola (esiste veramente? contiene veramente quello che si vocifera?) e ai tentativi da parte della giornalista di saperne di più sui rapporti tra senatore e CCP/URE, che sono un coacervo di doppiogiochisti e agenti infiltrati. Nella seconda parte l'importanza della ricerca della pellicola passa in secondo piano: la volontà di possesso del film innesca una sequenza inevitabile di eventi per tutti i personaggi.

Ad una prima analisi il libro potrebbe essere considerato come un semplice thriller: clima da complotto paranoide, reduci di guerra assetati di potere, mafia, politici corrotti. In realtà lo stile di DeLillo e il suo modo di narrare rendono il romanzo più una grossa riflessione sull'ossessione del mondo occidentale in generale e Americano in particolare per il potere, per il fluire degli eventi. 

In una magistrale descrizione di oggetti per la manutenzione delle armi, da fuoco e da taglio, si ritrova la concezione di DeLillo per la scrittura: il personaggio nel romanzo sostiene che il nome degli strumenti è importante, la conoscenza dei nomi li fa funzionare meglio. Nello stesso modo la prosa di DeLillo è particolarmente curata, ogni parola finemente cesellata tra le altre. 

In conclusione un romanzo veramente solido, il cui intento allegorico è apparentemente mascherato dalla trama da thriller cospirazionista. L'unico neo è che alla fine del libro DeLillo sembra faticare nel tirare le somme dei diversi personaggi, alcuni dei quali vengono liquidati frettolosamente.

Tre stelle su cinque 
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